1 Gennaio 2016
La constatazione – profili civilistici ordinamentali e fiscali
La constatazione – profili civilistici ordinamentali e fiscali
Premessa – Il presente lavoro non vuole essere un mero esercizio accademico, è scritto da un pubblico ufficiale ed è rivolto ad altri pubblici ufficiali, quindi con la consapevolezza delle responsabilità connesse all’esercizio delle nostre funzioni (e pertanto non sono stati sottaciuti, bensì affrontati, i problemi relativi a tale istituto) e con la consapevolezza altresì che responsabilità vuol dire anche svolgere fino in fondo il nostro ruolo, non denegando giustizia a questa società che ha un grande bisogno delle enormi potenzialità che offre questo istituto; una società che non può più permettersi di basare un processo sull’alea di testimoni falsi e/o riluttanti, che vuole sempre più certezze che solo professionisti ben preparati (e motivati) potranno offrire.
1 – Definizione di verbale di constatazione – I verbali di constatazione sono definiti dalla dottrina (DONÀ) come delle “recognitiones facti, vel personae, vel rei, suscettive di conseguenze giuridiche e di valutazione, all’occorrenza, giudiziale”, altra dottrina (SERPI), specifica che: “per verbali di constatazione si intendono quelle attestazioni che il notaio compie circa lo stato di persone, di luoghi, di cose, quale sussiste nel momento in cui è percepito dal pubblico ufficiale, o circa lo svolgersi di determinati avvenimenti, sempre in quanto percepito direttamente da lui”; entrambe queste definizioni, a ben vedere, hanno notevoli punti di coincidenza, se non di identità, con quanto stabilito dal combinato disposto degli artt. 2699 e 2700 cod. civ. tanto che si può ben dire (SANTARCANGELO) che qualsiasi atto pubblico, che sia di notaio, di ufficiale giudiziario o di altro pubblico ufficiale, è nella sua più intima essenza un verbale di constatazione. Per evitare confusioni occorrerà quindi precisare che intenderemo per verbale di constatazione in senso più ristretto tutte quelle verbalizzazioni di dichiarazioni rese o di fatti giuridici accaduti in presenza di un pubblico ufficiale che non rientrano specificatamente nell’attività del notaio di cui art. 1, primo comma, legge 16 febbraio 1913, n. 89 (legge notarile) o nell’attività dell’ufficiale giudiziario di cui art. 59 cod. proc. civ.
1.1 – Sotto il profilo oggettivo il verbale di constatazione, in quanto atto pubblico, fa piena prova dell’estrinseco del documento, ovvero che le dichiarazioni ed i fatti si sono verificati così come attestati e non dell’intrinseco, ossia della rispondenza al vero delle dichiarazioni che le parti hanno reso al pubblico ufficiale, se non nei limiti del contenuto descrittivo dell’attestazione; quindi, qualora il pubblico ufficiale esprima un proprio convincimento logico – deduttivo, tali affermazioni non sono coperte da fede privilegiata.
Non è necessaria la proposizione della querela di falso nel caso di meri errori materiali che non incidano sul contenuto sostanziale dell’atto e parimenti sulle circostanze oggetto di percezione sensoriale e come tali suscettibili di errore di fatto; in tal caso, sarà sufficiente fornire prove idonee a vincere la presunzione di veridicità del verbale, secondo l’apprezzamento rimesso al giudice di merito.
Sotto il profilo soggettivo, la pubblica fede concerne unicamente la provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha redatto nonché le dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. È corretto, inoltre, ritenere che l’efficacia probatoria dell’atto pubblico si estenda alle parti eredi e aventi causa nonché ai terzi.
Ove invece la parte intenda contestare la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge ai fini della qualificazione del documento come atto pubblico e della relativa efficacia probatoria (contestando ad esempio la provenienza dell’atto stesso da pubblico ufficiale), la dimostrazione che essa deve fornire non richiede la proposizione della querela di falso, ma può essere data con ogni mezzo di prova.
Dando uno sguardo alla giurisprudenza vediamo soluzioni contrastanti, da una parte la tendenza dominante in giurisprudenza ad ampliare la categoria degli atti pubblici fino a farla coincidere con quella dei documenti pubblici ovvero qualsiasi atto redatto da pubblico ufficiale per uno scopo inerente alle sue funzioni., tale tendenza è verosimilmente ispirata all’esigenza di meglio reprimere comportamenti di pubblici amministratori contrastanti con il principio di legalità dell’azione amministrativa e con l’esigenza del buon andamento e dell’imparzialità della P.A..
Dall’altra si è limitato l’atto pubblico a quei pubblici ufficiali a cui è attribuita espressamente una funzione certificatoria nel timore di una eccessiva compressione del principio del libero convincimento del giudice1.
Da qui desumiamo il principio (TOMMASEO) per cui se tutti i gli atti pubblici sono documenti pubblici, non tutti i documenti pubblici sono atti pubblici.
All’interno del controverso panorama giurisprudenziale emerge la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 215 del 9 aprile 1999, la fattispecie sottoposta all’esame della S.C. riguardava una nota dell’Assessore regionale all’urbanistica della Campania che il ricorrente riteneva che in quanto atto redatto da pubblico funzionario nell’esercizio delle sue funzioni avrebbe dovuto essere considerata atto pubblico e pertanto dotato di fede privilegiata ai sensi dell’art. 2699 cod. civ. La Suprema Corte non condivise tale ricostruzione in quanto:
a) non tutti gli atti formati dai pubblici ufficiali sono atti di fede privilegiata: rientrano nella previsione della norma in discorso soltanto gli atti che i pubblici ufficiali formano nell’esercizio di pubbliche funzioni certificative delle quali siano investiti dalla legge; esulano, viceversa, da tale previsione tutti gli atti dei p.u. che non siano espressione di funzioni certificative;
b) inoltre, deve essere ritenuta non riducibile nel paradigma degli atti integranti espressione di funzioni certificative la corrispondenza che pubblici ufficiali si scambiano fra loro o con privati, essendo, di massima, estranea agli atti per il tramite dei quali tale corrispondenza si svolge ogni finalità certificativa e probatoria.
1.2 – Quali esempi di verbale di constatazione c.d. atipici prospettati dalla pratica e dalla dottrina, il DONÀ rileva che “nella vicenda giudiziaria, civile e penale, o anche prima o fuori di essa, può darsi la necessità e l’urgenza di accertare uno stato particolare di cose, in seguito a infortunio sul lavoro, a scontro ferroviario, a investimento automobilistico, a turbative di possesso, ad uso di servitù, a manomissioni o a danni comunque recati o temuti. Non sempre immediato può essere l’intervento del giudice in siffatti casi e possono anche ostarvi le modalità ordinarie del processo civile e penale”. Altro autore (JAMMARINO) fa invece riferimento “alle ipotesi, purtroppo in costante aumento, di contraffazioni di marchi e di prodotti; alle necessità di prelevare campioni di liquidi da carri cisterna in arrivo; all’opportunità di verbalizzare la mancata comparizione davanti al notaio del venditore di un immobile onde addivenire alla stipula del contratto definitivo di vendita, o di constatare lo stato di un appartamento abbandonato inopinatamente da un inquilino moroso ed alle tante altre contingenze determinate dal continuo moltiplicarsi dei rapporti umani.”
1.2.1 – Infine in molti casi che vennero con contrastanti esiti vagliati dalla giurisprudenza, il verbale di constatazione conteneva esclusivamente delle dichiarazioni testimoniali, ricevute con o senza giuramento, in tali casi l’interprete deve innanzitutto distinguere quelli che sono verbali di constatazione dai veri e propri atti notori (previsti dall’art. 1, secondo comma, n. 2 L.N.)2.
Pur mancando una definizione legislativa generale di atto notorio, sulla base delle singole norme che lo prevedono, si può tuttavia desumere che per atto notorio si debba intendere un documento redatto da un pubblico ufficiale nel quale siano raccolte le dichiarazioni di due soggetti attestanti, sotto il vincolo del giuramento, la notorietà di uno o più fatti. L’efficacia probatoria di questo atto, fino a querela di falso, riguarda solo l’estrinseco, ovvero l’attestazione dell’ufficiale rogante di aver ricevuto le dichiarazioni in esso contenute dai soggetti indicati, previa loro identificazione. Il giudice, invece, sarà libero di valutare (e non sarà necessaria la proposizione di querela di falso per contestarne la veridicità) il contenuto intrinseco di quanto dichiarato.
Quindi pur essendo chiara in partenza la differenza tra un atto notorio ed una dichiarazione contenuta in un verbale di constatazione in quanto nel primo gli attestanti dichiarano la loro personale conoscenza di un fatto dichiarando essi anche la notorietà dello stesso mentre nel secondo l’ufficiale certificatore registra solamente quanto dichiarato in sua presenza a prescindere che tale dichiarazione riguardi fatti passati o presenti, nella pratica, come emerge dai numerosi casi giurisprudenziali, la distinzione si fa molto più sfuggente.
1.3 – La dottrina e la giurisprudenza si sono occupate dell’argomento in questione quasi esclusivamente dal punto di vista notarile3,. In questo scritto si è scelto di trattare contemporaneamente il problema della ricevibilità di verbali di constatazione da parte del notaio e dell’ufficiale giudiziario per la similitudine della problematica di base (mancanza di una norma ad hoc che espressamente conferisca tale potere – norme di carattere generale che tuttavia non prevedono espressamente questo verbale – norme a carattere particolare che attribuiscono e disciplinano verbali assimilabili al verbale di constatazione) e conseguentemente della soluzione alla stessa.
1.4 – Il problema a questo punto è stabilire:
a) se per i notai l’art. 1, primo comma, L.N. e per gli ufficiali giudiziari l’art. 59 c.p.c. esauriscono l’attività tipiche di queste due professioni restando le altre attività previste dalla legge quali attribuzioni eccezionali, oppure
b) intendere che sia il notaio, sia l’ufficiale giudiziario4 siano investiti della competenza di verbalizzare a richiesta di parte tutte le dichiarazioni delle parti e gli altri fatti avvenuti in loro presenza o da loro compiuti.
Secondo tale ultima ricostruzione l’art. 1, primo comma della legge notarile e l’art. 59 del cod. proc. civ. definirebbero le attribuzioni previste in via esclusiva e generale alle due diverse professioni, mentre le singole fattispecie assimilabili ai verbali di constatazione stabilite in varie parti dall’ordinamento documenterebbero una particolare e specifica volontà del legislatore che a volte prevede questa potestà di verbalizzazione in capo al solo notaio (ad esempio il verbale di apertura delle cassette di sicurezza di cui all’art. 49 D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637) o al solo ufficiale giudiziario (verbale di offerta per intimazione, art. 73, secondo comma, disp. att. cod. civ., atto di interpello ex art. 19 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642), o ad entrambi nei confronti di diniego di altro pubblico ufficiale (art. 2069 cod. civ. 18655 e art. 2674, secondo comma cod. civ., all’art. 39, primo comma, R.D. 29 luglio 1927, n. 18146) o ad entrambi nei confronti di diniego di un privato (atto di interpellanza di cui all’art. 25, secondo comma, R.D. 29 luglio 1927, n. 1814) o comunque al fine di prevedere particolari formalità (si pensi all’art. 2674 cod. civ. che prevede la necessaria presenza di due testimoni all’atto, requisito certo non previsto per le altre attività dell’ufficiale giudiziario).
2 – L’eventuale contrarietà all’ordine pubblico – Bisogna innanzi tutto sgombrare il campo da un dubbio: fuori dei casi espressamente consentiti il verbale di constatazione sarebbe di per se stesso illecito? Il primo grande ostacolo alla diffusione di tale verbale è stato ed è l’eventuale conflitto con le norme di diritto processuale, proprio la caratteristica dell’atto pubblico di far fede fino a querela di falso comporterebbe il rischio di comprimere il principio di libero convincimento del giudice che informa il nostro sistema processuale, inoltre vi erano nel precedente codice di rito (art. 251 c.p.c. 1865) e vi sono (artt. 692 e segg. c.p.c.) norme che disciplinano l’acquisizione preventiva di prove da valere in giudizio che concorrenti e, in quanto norme di diritto pubblico, prevalenti, con una eventuale funzione certificatoria di fatti e dichiarazioni in capo al notaio garantiscono, a differenza che l’atto pubblico notarile, anche in questa fase un contraddittorio tra le parti potenzialmente confliggenti.7
2.1 – L’esigenza di fissare ante causam fatti e dichiarazioni che il decorso del tempo avrebbe inevitabilmente reso impossibile od estremamente difficoltoso è stata avvertita sin dalla codificazione giustinianea che l’inquadrava nella cognitio extra ordinem quale istituto a carattere generale, il codice processuale civile del 1865 (art. 251) aveva disciplinato l’<esame (dei testimoni) a futura memoria> tendente a conservare la prova testimoniale8 che fosse in procinto di andare perduta con lo scopo finale di servirsene in un giudizio da proporre oppure in corso, ma sospeso o interrotto, il sistema giuridico precedente alla codificazione del 1942 conteneva inoltre l’art. 71 del codice di commercio del 18829, tale sistema quindi lasciava spazio a quelle che vennero definite dalla dottrina (DONÀ) con il termine di “prove notarili” anche se prima dell’adozione degli attuali codice civile e di procedura civile non mancarono in dottrina e giurisprudenza voci contrarie.
Il codice di procedura civile tutt’ oggi vigente si ispirò al modello tedesco della Sicherung des Beweis (§§ 485 – 494a ZPO) che allargava lo spazio di assunzione anticipata delle prove per via giudiziaria poggiante su un preciso meccanismo che si apre su istanza di parte (istanza o ricorso), passa attraverso un provvedimento di ammissione (ordinanza) e culmina con l’anticipata assunzione della prova all’insegna del rispetto, quanto più possibile, del regime del contraddittorio e del rispetto del libero convincimento del giudice competente per la controversia, cui la discussa prova si riferisce, a decidere ulteriormente sulla sua ammissibilità e definitivamente sul suo valore. La normativa tedesca in tema di notariato, Bundesnotariatordung (BNotO), che pure al § 20, primo comma, prevede che “I notai sono competenti a formare documentazioni di qualunque sorta come anche ad autenticare sottoscrizioni, firme e copie”, funge da chiusura del sistema in quanto al successivo § 22 la facoltà per il notaio di ricevere dichiarazioni testimoniali giurate viene ristretta ai soli processi stranieri per i quali sia prevista ed ammessa una tale prova.
2.1.1 – Al superiore quadro bisogna aggiungere la novella apportata dal nostro legislatore nel 2009 che ha introdotto, fra l’altro, l’istituto della “Testimonianza scritta” (art. 257 bis c.p.c e art. 103 bis disp.att. c.p.c.), da tale novità legislativa possiamo agevolmente desumere che il nostro ordinamento non abbia inteso derogare al principio che l’assunzione testimoniale debba essere disposta dal giudice e, poiché tale assunzione avviene senza contraddittorio, si è previsto come requisito ulteriore l’accordo delle parti su tale modalità. Infine quale indice della prevalenza dell’assunzione della prova per testi mediante deposizione in aula non possiamo tacere dell’ultimo comma dell’art. 257 bis c.p.c. per il quale: “Il giudice, esaminate le risposte o le dichiarazioni, può sempre disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui o davanti al giudice delegato.”
2.2 – Tuttavia la migliore dottrina (ANDRIOLI, TRIOLA, MILILOTTI), quand’anche contraria all’ammissibilità del verbale di constatazione, ha rilevato che l’ordine pubblico costituisce l’insieme di quelle norme imperative che salvaguardano i valori fondamentali e che, tuttavia, non sono esplicitamente formulate dalla legge ma che si ricavano per implicito dal sistema legislativo, quindi “ridurre il problema della individuazione dei principi che compongono, in un dato momento storico, l’ordine pubblico alla ricerca delle norme che ne costituiscono l’ordinamento positivo, equivale, nientemeno, a negare la nozione teorica e la concreta funzionalità dell’ordine pubblico”. Da tali considerazioni, anche gli autori citati hanno dedotto che il verbale di constatazione non espressamente previsto dalla legge sia da considerare punibile non a norma dell’art. 28, 1 comma, legge notarile, bensì ai sensi dell’art. 147 legge notarile.
2.3 – Rilevato che, anche ad ammettere tale verbale contrario a norme imperative, non sarebbe tecnicamente contrario ipso facto all’ordine pubblico, rimane da dissipare l’obiezione per cui essendo competente per gli atti di istruzione preventiva solo ed esclusivamente l’Autorità Giudiziaria il pubblico ufficiale, ricevendo verbali di constatazione fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, usurperebbe le attribuzioni della A.G.
L’usurpazione nel caso de quo non è configurabile in quanto, come è stato osservato (TRIOLA), sarebbe necessario che il pubblico ufficiale certificante facesse apparire i suoi verbali come atti giudiziari immettendosi così arbitrariamente in tale pubblico ufficio, mentre i verbali in oggetto appaiono chiaramente come atti extragiudiziari e di cui si vuole far valere eventualmente anche in sede processuale il loro valore ai sensi dell’art. 2700 cod.civ. Secondo il D’ONOFRIO si può addirittura parlare di “contravvenzione impossibile” negli stessi termini in cui si parla di reato impossibile, infatti “se manca il provvedimento del giudice non può esistere in fatto una prova testimoniale, come se manca il vivente non può esistere omicidio o se manca il matrimonio non può esservi adulterio.”
Numerosi precedenti giurisprudenziali hanno escluso che la produzione di verbali di constatazione possa stravolgere il principio della libera determinazione dell’A.G.O. circa l’assunzione come la valutazione delle prove infatti detti verbali, come tutte gli elementi di prova indicati dalle parti devono prima essere ammessi, inoltre il giudice non è vincolato nella valutazione e nella qualificazione giuridica di quanto attestato dal pubblico verbalizzatore. Secondo Cass, sez. III civ., 22 giugno 1955, n. 193810“La dichiarazione giurata resa al notaio su fatti che possono essere rilevanti al fine della risoluzione di una controversia non ha il valore della deposizione resa al giudice nel processo, ma può costituire solo un elemento indiziario, come un qualsiasi scritto proveniente da un terzo estraneo al processo in cui venga esibita …….. Quando trattasi invece di elementi indiziari, siano essi risultanti dallo stesso processo, come nei casi previsti dall’art. 116, comma secondo, c.p.c. o da atti e documenti formati fuori dal processo (come nei casi di certificati amministrativi, atti della polizia giudiziaria, prove raccolte in altri processi ecc.), il giudice non ha più un obbligo, ma una facoltà di desumere elementi di convinzione dagli stessi, sia per la valutazione delle prove, sia anche al fine di ritenere, sempre nel suo libero apprezzamento, che tali giudizi possano assurgere al valore di una presunzione, che è del pari una prova piena, e quindi fondare anche solo su questa la propria decisione ai sensi del richiamato art. 115 (cfr. Cass. 6 marzo 1953 n. 540; 31 marzo 1953 n. 873; 28 maggio 1954 n. 1726).”
Quindi in ultima analisi si conviene con quanto detto da GAZZILLI “…..O l’atto di constatazione accerta un fatto vero ed allora non può vedersi perché la verità dovrebbe essere chiamata pericolosa per l’ordine pubblico, o l’atto di constatazione accerta un fatto falso e allora non vi è bisogno di parlare di pericolo per l’ordine pubblico perché le ordinarie sanzioni penali autorizzano invece assai meglio e assai più appropriatamente a parlare di falso in atto pubblico e di relative pene.”
2.4 – Vi sono tuttavia dei precedenti giurisprudenziali in cui l’atto compiuto dal notaio è stato correttamente inteso in violazione dell’ordine pubblico, significativo è quello deciso con sentenza del Tribunale di Milano, 1 – 14 marzo 195711, infine con sentenza della Cassazione, sez. II civ., 7 luglio – 8 settembre 1958, n. 297012.
In questo caso il notaio aveva “su richiesta dell’avv. P.G. formato un numero telefonico della rete di Milano e dato atto di non aver ivi rinvenuto l’abitazione di un certo R.V.; di aver indi telefonato ad altro numero, ricevendo in risposta in risposta che esso corrispondeva all’abitazione del suddetto R.V., ma questi non era in casa; di aver rifatto lo stesso numero, ottenendo la risposta che la signora W.A. abitava in quella casa. I due verbali notarili erano stati prodotti dall’avvocato nella causa civile vertente fra le signore W.A. e F.C.”.
La S.C. rigettando il ricorso del notaio così stabiliva: “Nessuno dubita che rientri nelle funzioni del Notaio redigere verbali di constatazione, di accertamento di fatti obiettivi. Ma la sua opera deve svolgersi con lealtà e chiarezza, in modo che risultino le ragioni del suo intervento. A tal uopo non deve il Notaio provocare le notizie, che è richiesto di documentare, con mezzi subdoli ed insidiosi, a pena di offendere (bene è stato osservato) gli indeclinabili dettami dell’etica professionale. L’uso del mezzo telefonico è da ritenersi non consentito per l’espletamento di una constatazione notarile da verbalizzare, allorquando il Notaio ometta di qualificarsi e sottaccia le ragioni e lo scopo delle notizie che richiede e la persona nel cui interesse l’interpellanza è fatta.”
In tali casi, come correttamente motiva la S.C. che riprende le osservazioni del GIULIANI13, non è il verbale di constatazione illecito in sé, ma la condotta del verbalizzatore che quindi per ragioni di opportunità, ogniqualvolta in occasione di tali verbalizzazioni si debba recare al domicilio di soggetti non richiedenti il verbale dovrebbe far precedere il suo accesso da una notifica che specifica che si presenta in veste meramente certificativa e non autoritativa.
Altro esempio del genere è il caso Pezziol c. Motta deciso con sentenza del Tribunale di Milano del 6 marzo 1939 e quindi della Corte d’Appello di Milano del 2 maggio 193914 nel quale “A giustificazione della domanda ha prodotto la ditta attrice cinque verbali di constatazione notarile, in cui si ha sostanzialmente atto che nei vari esercizi gestiti dalla società Motta in Milano vennero richiesti, alla presenza del notaio, dapprima alla cassiera delle consumazioni del liquore “Vov”, col relativo pagamento di lire 1,50 al bicchierino e poi ai banchi di mescita; che venne consegnato un liquore giallastro torbido, che, degustato, venne rilevato diverso da quello richiesto; che, domandata la bottiglia al banconiere, tanto il notaio, quanto i testimoni constatarono che si trattava di bottiglie con la dicitura “Ovos” della ditta Barbieri di Padova, che si era protestato presso i banconieri per aver servito liquore diverso da quello richiesto e pagato. In alcuni esercizi lo stesso notaio Nocera dà atto di aver rilevato che erano esposti i listini dei prezzi, nei quali figurava anche il liquore “Vov” per il prezzo di lire 1,50.” Non si può far a meno di notare che tali abusi hanno di fatto agito negativamente nella considerazione giurisprudenziale di tale verbale, finendo così per colpire l’istituto anziché il comportamento scorretto del verbalizzatore.
3. – Fondamenti normativi – Se per quanto riguarda la contrarietà all’ordine pubblico vi sono tre orientamenti: uno contrario all’ammissibilità di tale verbale, l’altro favorevole ed un terzo che pur non considerando tale verbale facente piena prova fino a querela di falso gli attribuisce valore di mero indizio quale scritto proveniente da terzo; per quanto riguarda i fondamenti normativi dottrina e giurisprudenza si dividono nettamente in due orientamenti contrapposti: uno favorevole e l’altro contrario.
3.1 – L’orientamento favorevole (DONÀ, CARNELUTTI, GIULIANI, FERRARI, SERPI, TONDO, CASU, PETRELLI – in giurisprudenza: Cass., sez. II civ., 7 luglio – 8 settembre 1958, n. 2970; Cass. 12 febbraio – 21 giugno 1960, n. 1644; Cass. 14 ottobre – 9 dicembre 1960, n. 3215; App. Catania 31 dicembre 1966; Trib. Cassino 15 dicembre 1972; T.A.R. Campania 10 ottobre 1975, n. 247; App. Firenze, 23 – 30 aprile 1976; Trib. Napoli, 16 gennaio 1978; Trib. Palermo, 5 luglio 1979; Cass., sez. I civ., 2 aprile 1982, n. 2021) fonda il proprio convincimento sulle seguenti considerazioni:
a) la mancanza di una norma che espressamente vieti tale verbale e la sua non contrarietà all’ordine pubblico;
b) l’espressa previsione del verbale di constatazione nella tariffa notarile;
c) l’applicazione analogica delle norme che espressamente prevedono in casi particolari verbali che possono essere considerati verbali di constatazione (tipici).
3.2 – L’orientamento sfavorevole (ANDRIOLI, STELLA-RICHTER, TRIOLA, FALZONE, ALIBRANDI, MILILOTTI – in giurisprudenza: Cass., 1 luglio 1938, n. 2229; Trib. Milano 6 marzo 1939; App. Milano 2 maggio 1939; Cass., sez. III civ. 26 maggio – 18 agosto 1943; Cass., sez. I civ., 27 marzo 1945, n. 201; App. Milano 14 aprile 1946; Trib. Milano 1 – 14 marzo 1957; Cass., 13 novembre 1957, n. 4380; Trib. Milano, 2 ottobre 1959; Trib. Milano 21 aprile 1961; Trib. Milano, 14 settembre 1962; Cass., sez. III civ., 20 aprile 1963, n. 977) che ha riguardato prevalentemente la ricezione di dichiarazioni testimoniali15 fonda il proprio convincimento sulle seguenti considerazioni:
a) la previsione del verbale di constatazione nella tariffa notarile riguarda gli atti di constatazione tipici e non quelli atipici a ciò potremo aggiungere che la tariffa non ha come scopo quello di modificare il panorama normativo bensì quello più modesto di regolare sul piano tariffario attribuzioni altrove previste;
b) in quanto la constatazione è l’espressione di una funzione certificativa tale facoltà deve essere riconosciuta espressamente dall’ordinamento in quanto eccezionale e non desumibile per via analogica;
c) (ANDRIOLI) “gli atti con i quali si esercita la funzione giurisdizionale, formano oggetto di esclusiva competenza degli organi dello Stato, con la conseguenza che le eccezioni non sono suscettibili di estensione se non si vuol ledere questo che un principio generale dello Stato moderno. Non tanto deve argomentarsi dalla legge notarile, quanto deve vedersi se gli atti dei quali si discute, rientrino nella competenza degli organi statali, perché se ciò si verifica, non è concepibile competenza concorrente tra il giudice ed il notaro”;
d) alle osservazioni del GIULIANI per cui più che in singole norme, il fondamento del potere certificativo in capo al notaio risiede nell’art. 2699 cod. civ. viene obiettato (FALZONE ALIBRANDI) che “L’atto pubblico presuppone che il p.u. sia <autorizzato> (2699 c.c.), cioè competente, ed è appunto questo il problema da risolvere se non si vuole incorrere in una petizione di principio.”
3.3 – Se per quanto riguarda la previsione del verbale di constatazione in tariffa si può più correttamente ritenere che tale elemento sia neutro, nel senso che di per sé non possa escludere o ammettere tale istituto, dobbiamo certamente dissentire con quanto sostenuto dall’Andrioli (§ 3.2 lett. c) in quanto la certificazione di un verbale di constatazione opera su un piano diverso e non confliggente con i compiti e le attribuzioni giurisdizionali e ciò per un duplice ordine di ragioni.
3.3.1 – Se pensiamo al contenuto di un tipico atto pubblico notarile ex art. 1, primo comma, legge notarile16 o ancor di più alla profusione di dichiarazioni che tipicamente le parti insistono che vengano inserite in un verbale di accesso dell’ufficiale giudiziario in occasione di una esecuzione di obblighi di fare o simili, a voler accedere alla tesi dell’Andrioli, non potrebbe il verbalizzatore non domandarsi ogni volta se invade o meno i compiti dell’A.G. e magari denegare il proprio ministero; il fatto è che il problema non è la verbalizzazione, ma piuttosto la mancata verbalizzazione, il p.u. verbalizzando non fa anzi altro che presentare all’A.G. un quadro più ampio possibile di quanto avvenuto in sua presenza facilitando anziché ostacolando il compito di valutazione e qualificazione di quanto verbalizzato, compiti questi che spettano all’A.G. in via esclusiva e che verrà svolto in un contesto dibattimentale ed in cui le parti contro interessate potranno opporre altri mezzi probatori. In altre parole non può essere il contenitore (atto espressamente previsto) che rende lecito o meno il suo contenuto.
Tornando agli esempi giurisprudenziali di cui al § 2.3 la parte potrebbe liberamente opporre, senza dover proporre la querela di falso, a quanto verbalizzato dal notaio altri mille casi in cui ai clienti è stato fornito il liquore desiderato anziché per errore l’altro simile, in altre parole al verbale di constatazione bisogna dare la forza sua propria ma non di più; il p.u. verbalizzatore verbalizza che dalle ore x alle ore y sul luogo z era presente il signor Tizio e l’oggetto m, ma appunto non certifica più di questo, non certifica un inadempimento od un danneggiamento in quanto tale; inoltre, quanto attestato dal verbalizzante non esclude l’esistenza di cause di giustificazione.
3.3.2 – L’esito a cui giunge l’Andrioli è la conseguenza dell’applicazione al verbale di constatazione di categorie proprie dell’atto pubblico notarile (e non solo), infatti, il notaio, allorquando roga un atto di cui all’art 1, primo comma, della legge notarile, non si limita semplicemente a certificare che Tizio ha detto “x” e che Caio ha risposto “y”, bensì (PATTI) certifica che tra Tizio e Caio è stato stipulato il negozio giuridico “z”, proprio in virtù di tale ulteriore certificazione che costituisce l’essenza della funzione notarile, il negozio potrà avere efficacia erga omnes ed essere trascritto, iscritto od altrimenti annotato nei Pubblici Registri siano essi immobiliari o delle imprese. Il fatto è quindi che la “funzione certificativa” è per lo più strumentalmente subordinata ad ulteriore funzione dell’ufficiale certificante, possiamo pensare alla constatazione dell’agente di Polizia Municipale circa un veicolo in sosta vietata ed alla conseguente irrogazione della relativa sanzione amministrativa prevista nel Codice della Strada come al verbale dell’ufficiale giudiziario che dà atto di rinvenire determinati beni mobili e quindi li sottopone a pignoramento17; ma tutto ciò non deve far confondere, non possiamo dare al verbale di constatazione effetti che non ha se non in posizione ancillare rispetto ad altra funzione e poi accusarlo di aver esorbitato la funzione sua propria.
3.4 – Per quanto riguarda il problema dell’estensibilità per via analogica delle norme che dettano casi di verbale di constatazione tipici, se non è soddisfacente la tesi della dottrina sfavorevole in quanto si limita ad obiettare l’eccezionalità di tali norme mentre invece, come sopra si è visto, da una parte il verbale di constatazione non introdurrebbe niente di eversivo o semplicemente derogatorio del sistema, dall’altra non si tratterebbe di norme eccezionali in quanto il legislatore concede una tutela alle situazioni soggettive ben più ampia (si pensi al negozio contratto per istrumento di atto pubblico ed alla esecuzione forzata dei diritti da esso nascenti ex art. 474, secondo comma, c.p.c.), bisogna tuttavia obbiettare che la stessa interpretazione analogica non è praticabile per altre ragioni.
3.4.1 – Innanzitutto la tecnica dell’integrazione normativa per via analogica mal si concilia con la creazione di una norma generale (il potere del p.u. di certificare i più disparati fatti e dichiarazioni) a partire da una o più norme particolari, in quanto norme simili potrebbero generare solo norme simili per quanto riguarda l’ampiezza.
3.4.2 – Inoltre, per poter procedere in via analogica occorre partire da disposizioni che regolano materie analoghe, mentre invece si tratta di disposizioni che trattano materie anche molto diverse fra loro, spesso associando a un potere certificativo di base particolari conseguenze giuridiche non applicabili al di fuori della specifica disciplina dettata dal legislatore; ad esempio è stato annoverato tra gli atti constatativi tipici il verbale di protesto, ma il legislatore detta una specifica disciplina per la costatazione della mancanza di fondi ed ancor di più non può essere certamente estesa la disciplina sulle conseguenze giuridiche della levata di protesto ad altre fattispecie. Come esempio di estensione analogica possibile si potrebbe pensare al c.d. verbale di oltraggio al notaio previsto dall’art. 53 Reg. not. 18(R.D. 10 settembre 1914, n. 1326) ma anche in questo caso si può molto più semplicemente ipotizzare che il legislatore abbia sentito l’esigenza di dettare una disciplina ad hoc nel caso specifico in quanto il notaio, a differenza che altri p.u. (pensiamo agli ufficiali giudiziari), per la regolarità formale dei propri atti ha necessario bisogno della sottoscrizione delle parti (art. 51, secondo comma, n. 10), legge not.) mentre in questo caso eccezionalmente si può limitare, per ovvie ragioni, ad invitare i presenti a sottoscrivere il verbale.
3.5 – Ritornando alle osservazioni del Giuliani ed alla confutazione del Falzone Alibrandi (§ 3.2 lett. d) pur essendo vero che il semplice riferimento all’art. 2699 cod. civ. potrebbe incorrere in una petizione di principio, non è men vero che, ammesso che sia necessaria una soluzione normativa per tale autorizzazione, il legislatore di un domani che voglia introdurre anche per il nostro paese il verbale di constatazione e che lo voglia positivamente descrivere non potrebbe che ricorrere ad una parafrasi dello stesso art. 2700 cod. civ., ci troveremo quindi di fronte ad una sorta di tautologia normativa.
3.6 – Vi è un ulteriore elemento da prendere in considerazione, il codice parla di atto pubblico come forma (artt. 14, 162, 167, 782, ecc. cod. civ.) e come efficacia probatoria (artt. 2699 e 2700 cod. civ.) riferendosi nel primo caso ai soli atti notarili o di p.u. equiparati; nel codice civile del 186519 non vi era tale ambivalenza ed ancor meno nel codice napoleonico a cui era ispirato, tanto che, precedentemente al codice attuale, come ci riporta il Carnelutti, un autorevole studioso del codice napoleonico (LAURENT20) escludeva espressamente che l’atto notarile potesse avere ad oggetto fatti e non convenzioni, pur tuttavia, anche nel vigore di quel codice in Patria vi era chi (LESSONA21) tendeva ad espandere il concetto di atto pubblico facendovi rientrare anche la constatazione di fatti.
A tali problematiche non deve essere rimasto spettatore inerte il legislatore dell’attuale codice nel formulare gli articoli 2699 e 2700 cod. civ. 22, quindi il codice attuale, pur discostandosi di poco rispetto al precedente (almeno nell’intenzione del legislatore dell’epoca) con l’attuale formulazione ha dato la stura a quella corrente dottrinaria e soprattutto giurisprudenziale di cui è stato fatto cenno nel superiore § 1.1 e che ha trovato in tale articolo la sede normativa per qualificare tutte quelle certificazioni redatte da un p.u. che prima non trovavano una collocazione consona; talché oggi si può parlare di atto pubblico in senso stretto ovvero atto pubblico notarile, di atto pubblico in senso di verbale pubblico con funzione di cui all’art. 2700 cod. civ. e documento pubblico ovvero di mero documento prodotto da un pubblico ufficiale.
Detto quindi che il verbale di un ufficiale giudiziario o il verbale di un cancelliere non è meno atto pubblico di quello notarile ma si differenziano solo per la diversa pubblica funzione svolta e per quelle modalità di redazione che la legge prevede, non resta, ai nostri fini, che domandarsi se esista una “funzione certificatoria” legata alla redazione di verbali di constatazione. L’interprete, data la definizione di verbale di constatazione, potrebbe dubitare che nei verbali di constatazione non vi sia una finalità pubblica ulteriore che quella della constatazione stessa, non la funzione di documentare il negozio giuridico (in quanto si tratta di meri fatti anche qualora si tratta di constatare delle dichiarazioni), non la funzione di esaurire la verifica processuale di un determinato fatto in quanto si limita a fornire alla A.G. elementi per tale verifica e così via.
Si può quindi ipotizzare un atto pubblico senza una funzione pubblica? Certamente no, il pubblico ufficiale è un soggetto dotato di determinati poteri ma tali doveri non possono esistere, in un ordinamento democratico, se non correlati ad un dovere pubblico altrimenti si dovrebbe ipotizzare un potere esercitabile ad libitum ed in tal caso avrebbe poco dei requisiti, anche sul solo piano linguistico, pubblici.
Inoltre, mutatis mutandis, potremo dire che la funzione pubblica svolge per gli atti pubblici il ruolo che la causa svolge per i negozi giuridici.
Secondo Falzone Alibrandi23 “La prassi dei verbali di constatazione si riallaccia alla esigenza di dotare i diritti soggettivi di mezzi e di strumenti adatti a creare intorno ad essi una relativa certezza o attendibilità” e non possiamo chiamare questa una pubblica funzione? Se non lo fosse dovremo pensare ad un sistema giuridico che concede tutela alle situazioni più complesse (i negozi giuridici, l’esecuzione coattiva del credito ecc.) ma non a quelle più semplici, direi basilari. E l’attribuzione alla constatazione di tale funzione anziché di una mera e sterile “funzione certificativa” non è senza conseguenze.
Innanzi tutto poiché vige fra le funzioni pubbliche una scala gerarchica, non potrà sorgere conflitto tra altro atto pubblico e la constatazione che dovrà arretrare qualora la certificazione dei fatti dovrà essere asservita a più alta funzione. Per fare degli esempi non potrà redigersi un verbale di costatazione di un dibattimento penale come ipotizzato dal Donà24 in quanto ciò rientra nella superiore funzione del cancelliere, così come non potrebbe una parte richiedere ad un notaio o ad un ufficiale giudiziario di constatare quanto accade durante le operazioni di rogito in uno studio notarile o durante l’esecuzione di uno sfratto. L’ordinamento non può tollerare che esistano due distinti atti pubblici descriventi lo stesso fatto come è testimoniato dall’art. 532 cod. proc. civ.
3.7 – Escluso quindi che si possa fondare normativamente tale potere in capo all’ufficiale giudiziario ed al notaio per via analogica come escluso che l’ordinamento lo debba necessariamente prevedere con norma specifica, rimane da sondare quale è il profilo professionale di questi due ufficiali. Dal combinato disposto delle norme che regolano i due ordinamenti professionali possiamo notare che in entrambi i casi tali pubblici ufficiali agiscono ad istanza di parte e nell’interesse di parte, altri ufficiali che pure redigono atti certificativi (possiamo ritornare all’esempio del verbale dell’agente di Polizia Municipale che irroga la relativa sanzione amministrativa per sosta vietata) non sono certo mossi ad istanza di parte e nell’interesse della parte, ma, quand’anche il loro ministero sia occasionalmente attivato dal privato, procedono autonomamente e principalmente per la soddisfazione di interessi pubblici.
3.7.1 – L’impostazione di chiovendiana memoria per cui l’ufficiale giudiziario, insieme al cancelliere ed al giudice compartecipa della funzione giurisdizionale, se la leggiamo nel senso che l’ufficiale giudiziario è essenzialmente un mero esecutore di ordini dell’A.G. va innanzi tutto contro le norme positive e direi anche contro quegli interessi, i diritti soggettivi, che dovrebbero essere il fine ultimo della stessa azione giurisdizionale.
3.7.1.1 – Partendo dalle norme positive, chi potrà mai negare che l’ufficiale giudiziario non solo debba necessariamente agire su l’impulso di parte (che sia pubblica oppure privata), ma anche che, richiesto da parte istante di desistere, possa autonomamente procedere? Ed inoltre, non è forse men vero che un atto di esecuzione, fondato su un titolo stragiudiziario ex art. 474 c.p.c. possa non poter veder mai una cancelleria giudiziaria?
3.7.1.2 – Infine, ipotizzando per assurdo ad un sistema giudiziario ove il cittadino che voglia far valere un suo diritto controverso si debba rivolgere ad una “macchina giudiziaria” che abbia al suo apice il giudice ed alle basi il cancelliere da una parte e l’ufficiale giudiziario dall’altra e che tale “macchina” provveda quindi a soddisfare il cittadino con la realizzazione concreta di quel diritto alla fine dei suoi vari procedimenti; ebbene in tal caso, dovremo coerentemente, o ridurre il valore della sentenza ad un mero momento di un più ampio procedimento che includa la fase esecutiva, o se è vero come è vero che un provvedimento giurisdizionale cristallizza un diritto soggettivo in capo ad un soggetto dovremo degradare tale diritto a mero interesse legittimo a che, alla fine di una corretta procedura esecutiva, l’istante possa realizzare concretamente tale diritto.
3.7.2 – Quindi potremo sempre ben dire che l’ufficiale giudiziario partecipa della giurisdizione, ma lo diremo nello stesso senso in cui si può dire che vi partecipa il notaio, in quanto se funzione dell’A.G.O. in campo civile è la risoluzione di un diritto controverso e la funzione del notaio è la certificazione di diritti ed obblighi inter volentes, la funzione dell’ufficiale giudiziario è la realizzazione anche in via coattiva dei diritti soggettivi cristallizzati come tali per via giudiziaria o stragiudiziaria.
3.7.3 – Così definite le funzioni ed i ruoli rispettivamente del notaio e dell’ufficiale giudiziario, che posto occupa la funzione relativa alla constatazione? Evidentemente un ruolo più semplice, non così complesso come il ruolo principe rispettivamente di ognuno di questi p.u. ma in quanto basilare non definibile quale occasionale; infatti, l’aver escluso l’applicazione a simili come ipotizzata dalla dottrina favorevole (mettendo insieme funzione e potere certificativo dei c.d. verbali di constatazione tipici) non esclude l’argomentazione a fortiori e sistematica relativamente all’attribuzione di tale potere.
Potrà quindi un ufficiale giudiziario od un notaio, in assenza di una norma che espressamente lo vieti ed in assenza di una conflitto con altra pubblica funzione, denegare il proprio ministero senza incorrere nelle relative sanzioni disciplinari e penali?
3.7.5 – Al panorama dottrinale e giurisprudenziale che ha riguardato soprattutto il notaio occorre aggiungere, per quanto riguarda l’ufficiale giudiziario, un esempio di verbale che è sicuramente un verbale di constatazione atipico e che invece è sempre stato pacificamente ammesso. Penso al verbale di inventario compiuto dall’ufficiale giudiziario dopo che abbia già immesso la parte istante nel possesso dell’immobile ed intimato a parte esecutata di non turbarne il legittimo possesso, se è vero come è vero che l’esecuzione con tale immissione ed intimazione si sia perfezionata e l’ufficiale debba provvedere tempestivamente al deposito del verbale in cancelleria, allora dobbiamo coerentemente ritenere che la fase esecutiva si sia conclusa ed il verbale di ricognizione dei beni mobili rinvenuti sia un mero verbale di constatazione che possa ad esempio essere formato da un notaio anziché necessariamente da un ufficiale giudiziario.
4. – Profili ordinamentali dell’ufficiale giudiziario – Per la tariffazione dei verbali di constatazione che sono appunto previsti solo dalla tariffa notarile (art. 7, lett. e D.M. 27 novembre 2001) è senz’altro da estendere la circolare del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria, Direzione Generale del Personale e della Formazione del 6 giugno 2006, prot. n. 6/877/035/CA, che riconosce all’ufficiale giudiziario per funzioni non legate al procedimento giurisdizionale, in mancanza di una tariffazione nel D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (T.U. Spese di Giustizia), i compensi previsti dalla tariffa notarile.
4.1 – Mentre l’ufficiale giudiziario ha, per gli atti che deve compiere fuori dall’ufficio, il diritto a percepire una trasferta forfettaria a cui si applica l’imposta erariale del 10%, per quanto riguarda il notaio la tariffa (art. 28 tariffa not.) prevede il rimborso delle spese “a piè di lista”, quindi sia per quanto riguarda le offerte reali che per le constatazioni, l’ufficiale dovrà applicare la trasferta (e l’imposta del 10%) in quanto le norme del tariffario notarile si applicano proprio in quanto non diversamente disposto dal T.U. Spese di Giustizia.
4.2 – Mentre il T.U. Spese di Giustizia prevede una maggiorazione solo relativamente all’urgenza dell’atto, la tariffa notarile prevede all’art. 30 una maggiorazione fino al triplo legata alla complessità dell’atto che potrà essere applicata sia ai verbali di constatazione che a quelli di offerta reale anche se si consiglia all’ufficiale giudiziario di applicare tale maggiorazione con particolare attenzione in quanto i criteri di massima di cui al terzo comma di detto art. 30 possono essere di non facile applicazione per l’ufficiale giudiziario.
4.3 – Per quanto riguarda la tariffazione degli inventari redatti dopo l’immissione in possesso, pur essendo, come sopra detto, dei veri e propri verbali di constatazione per essere connessi ad altro verbale (quello di sfratto) regolato invece dal citato T.U. Spese di Giustizia, ritengo, per mere ragioni di tuziorismo, che debba essere tassato con le regole di quel T.U.
5. – Profili fiscali – I verbali di constatazione sono soggetti all’imposta di registro in misura fissa ex art. 11 della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Imposta di registro) in quanto atto pubblico non avente per oggetto prestazioni patrimoniali, inoltre nel caso che in tali verbali siano menzionati atti soggetti a registrazione a termine fisso, l’ufficiale giudiziario deve, ai sensi dell’art. 64dell’Imposta di registro, indicarne gli estremi, nel caso che manchino di tali estremi, gli ufficiali giudiziari, ai sensi del successivo art. 65, terzo comma, devono “trasmettere gli atti stessi in originale o in copia autentica all’ufficio del registro ai fini della registrazione d’ufficio.”
Conclusioni – Il presente lavoro costituisce una rielaborazione della dottrina favorevole al ricevimento di questo verbale con l’ambizione di aver tracciato delle linee guida per evitare che, come accaduto in passato, anziché sanzionare la condotta scorretta dell’ufficiale certificatore si sia invece colpito l’istituto, si sia in altre parole, buttata “l’acqua sporca con tutto il bambino”.
Proprio per tale motivo si invita l’ufficiale giudiziario a non invadere con la sua potestà constatativa le preminenti funzioni di altri p.u. e quindi in ultima analisi limitare la ricezione di tali verbali alla costatazione oggettiva di fatti per non rischiare di invadere con verbali di ricezione di dichiarazioni a contenuto testimoniale la funzione giudiziaria o notarile (allorquando quelle dichiarazioni sarebbero più appropriatamente inserite in un atto di notorietà) o, in caso di dichiarazioni a contenuto negoziale, per non rischiare di invadere la competenza notarile di cui all’art. 1, primo comma, legge notarile.
Le applicazioni sono comunque enormi, in via meramente esemplificativa pensiamo alla constatazione dello stato di un immobile (prima e alla riconsegna) in occasione di un contratto di affitto o di appalto, agli inventari di beni mobili (con l’eccezione di quelli in materia successoria), alla violazione di distanze, immissioni di liquidi o rumori, stato della merce alla sua consegna, violazione di segni distintivi aziendali, brevetti, marchi, atti di concorrenza sleale.
1 Secondo il modello francese ed in ideale contrasto con la teoria delle prove del processo del diritto canonico e comune (vedi Tondo, Documentazione notarile a fini non negoziali, in CNN Studi e materiali 1983 1985, vol. I, Giuffrè, Milano, 1986, p. 294)
2 Problema che non riguarda il “notaio svelto” come suggerito da Claudio BAFILE: “6. Le svolte considerazioni rendono superfluo argomentare per analogia dalla facoltà che la legge notarile consente al notaio di ricevere atti di notorietà. Ma, se fosse necessario, si potrebbe opporre alla tesi sostenuta dall’Andrioli che il verbale notarile di testimonianza non offende la giurisdizione e non contiene materia di eccezione. Del resto, anche se un dubbio fosse possibile, sarebbe facile al notaio girare l’ostacolo intestando come <atto di notorietà> un qualsiasi verbale di prova testimoniale. È infatti risaputo che nessuna legge fissa il numero minimo o massimo dei testi che debbono essere assunti nell’atto notorio: si potrebbe quindi sostenere che anche un sol teste potrebbe intervenirvi. Ma, se anche si volesse ritenere che occorra un minimo, ad esempio di quattro testi, e ne fosse disponibile uno soltanto, un notaio svelto saprebbe completare il numero introducendo altri testi più o meno fittizi, informati di circostanze lontane dalla materia del contendere. Valga un esempio: supposto che alla vigilia della sua partenza per l’America un Tizio abbia visto Caio abbattere un albero a danno di Sempronio, potrebbe scrivere che i testi A,B, C, dichiarano esser notorio che sul confine tra i due fondi esiste un filare di olmi, e che il teste Tizio in particolare aggiunge di avere visto Caio a ore …. del giorno stesso abbattere il terzo olmo della fila.
E così con abile espediente si toglierebbe il pretesto per imbastire un procedimento disciplinare contro il notaio.”.
Simili argomentazioni, anziché aver risolto il problema della piena cittadinanza nel nostro sistema giuridico del verbale di constatazione, lo hanno complicato legittimando nei fatti un atteggiamento di sospetto di certa giurisprudenza che invece, ricondotto tale verbale nei giusti alvei, non avrebbe motivo di essere.
3 Fanno eccezione gli articoli di Giovanni DE FILIPPO, La constatazione, pubblicato sul sito http://www.scuolanazionalediprocedura.it e di Pietro SARDANO, Attività libero professionali, pubblicato sul sito http://www.ugmonopoli.it
4 A tali pubblici ufficiali dobbiamo aggiungere i capi degli uffici consolari ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200.
5 Art. 2069, primo comma, cod. civ. 1865 – I conservatori non possono in verun caso, e neppure sotto pretesto di irregolarità nelle note, ricusare o tardare di ricevere la consegna dei titoli presentati e di fare le trascrizioni, iscrizioni od annotazioni richieste, né di spedire le copie o i certificati, sotto pena del risarcimento dei danni arrecati alle parti. A tale effetto possono le parti far stendere immediatamente gli opportuni verbali da un notaio o da un usciere assistiti da due testimoni.
6 Vedi App. Catania (in cam. cons.), 31 dicembre 1966 in Riv. not. 1967, p. 453
7 È stato anche rilevato che (parere del Consiglio notarile di Firenze, Verbali di constatazione e documentazione di fatti o dichiarazioni utilizzabili in giudizio, in Riv. not. 1963, p. 383) che, mentre nella procedura di istruzione preventiva è pur sempre requisito fondamentale quello dell’interesse (art. 100 c.p.c.), tale indagine è inibita al notaio.
8 Il MORTARA ricorda come gli esami testimoniali anticipati hanno dato luogo, nei secoli passati, ad abusi tanto che in Francia furono aboliti con ordinanza nel 1667 e non più ristabiliti (mentre in Piemonte furono ripresi, sull’esempio delle leggi di Parma, Modena e Stato pontificio, solamente con il codice del 1859).
9 Art. 71 cod. comm. – Il presidente del tribunale di commercio, o, nei luoghi dove non ha sede un tribunale, il pretore può ordinare, ad istanza del compratore o del venditore, che la qualità e la condizione della cosa venduta siano verificate da uno o più periti nominati dall’ufficio.
– Collo stesso decreto che nomina i periti, o con altro, può essere ordinato il deposito della cosa venduta in un luogo di pubblico deposito, o in mancanza in altro luogo da designarsi, e se la conservazione della cosa possa recare grave pregiudizio può essere ordinata la vendita per conto di chi spetta alle condizioni da stabilirsi nel decreto.
– Il provvedimento del presidente o del pretore dev’essere notificato prima dell’esecuzione all’altra parte o al suo rappresentante, se l’una o l’altra si trovi nel luogo; negli altri casi deve essere notificato dopo l’esecuzione nel termine stabilito nell’articolo 931 del codice di procedura civile.
– Il compratore che non si è giovato delle disposizioni del presente articolo è obbligato, in caso di controversia, aprovare rigorosamente l’identità e i vizii della merce.
10 In Giust. civ. 1955, I, 1045 ed in Archivio di ricerche giuridiche 1956, col. 297 – 298, n. 781
11 In Riv. not. 1957, p. 659 con nota di Renato JAMMARINO, Dei verbali di constatazione, e Postilla di A. G(IULIANI)
12 In Riv. not. 1959, p. 103
13 In Postilla, Riv. not. 1957, p. 667
14 In Riv. dir. proc. civ. 1939, II, p. 210 con nota di Francesco CARNELUTTI.
15 Fanno riferimento ad atti di constatazione oggettiva: Trib. Milano 6 marzo 1939, App. Milano 2 maggio 1939, Trib. Milano 1 – 14 marzo 1957, Trib. Milano 21 aprile 1961, Trib. Milano 14 settembre 1962
16 Tipico è il ricevimento di dichiarazioni aventi contenuto confessorio.
17 Può essere utile l’ulteriore esempio del verbale di offerta reale, da molte parti additato ad esempio di verbale di constatazione tipico (e base per l’estensione analogica di tale “funzione certificativa” anche ai verbali di constatazione atipici); in realtà anche in questo caso sia l’ufficiale giudiziario sia il notaio non si limitano a certificare che la somma offerta sia stata accettata, ma la funzione ultima di tale verbale è quella di fungere da quietanza, prova ne sia che ai sensi dell’art. 1208, secondo comma, cod. civ. tale verbale può fungere da strumento per liberare i beni da garanzie reali. È veramente deprimente leggere alcuni verbali ove il verbalizzante si limita a registrare passivamente quanto accaduto e magari il fatto che il creditore intaschi il denaro e faccia mettere a verbale la dichiarazione che non intende liberare il debitore per la maggior somma che crede a lui dovuta, in tal caso il verbalizzante, pur registrando fedelmente quanto accaduto, ha denegato il proprio ministero.
18 Art. 53 Reg. not. – Quando il notaro nell’esercizio delle sue funzioni sia ingiuriato o trovi resistenza, ne fa processo verbale, invitando le persone presenti a sottoscriverlo; e lo trasmette senza ritardo al pretore del mandamento.
Può anche, in caso d’urgenza, richiedere direttamente e sotto la propria responsabilità l’assistenza della forza pubblica.
19 Art. 1315 cod. civ. 1865 – “L’atto pubblico è quello che è stato ricevuto colle richieste formalità da un notaio o da altro pubblico uffiziale autorizzato, nel luogo ove l’atto è seguito, ad attribuirgli la pubblica fede.”
Art. 1317, primo comma, cod. civ. 1865 – “L’atto pubblico fa piena fede della convenzione e dei fatti seguiti alla presenza del notaio o d’altro pubblico uffiziale che lo ha ricevuto.”, questo articolo a sua volta deriva storicamente dall’art. 1319, primo comma, code Napoleon: “L’acte authentique fait pleine foi de la convention qu’il renferme entre les parties contractantes et leurs héritiers ou ayants cause.”
20 François Laurent (Principi di diritto civile, vol. XIX, n. 132): <<l’atto autentico fa fede in quanto alla sua confezione interviene un pubblico ufficiale: occorre dunque vedere se la missione di costui sia indefinita, illimitata. Ma essa è invece limitata per quanto concerne i notai, ai fatti giuridici, che le parti debbono o vogliono constatare nella forma autentica. Tutto quanto non è un fatto giuridico esorbita dal mandato del notaio. Se un notaio, dietro richiesta, constatasse, nelle forme prescritte …., un fatto non giuridico l’atto che egli formasse non farebbe fede come autentico>>.
21 Lessona (Trattato delle prove in materia civile, terza edizione, III, n. 314): <<la legge notarile contempla gli atti più frequenti; ma quando l’art. 1317 cod. civ. dice che <l’atto pubblico fa piena fede degli atti seguiti alla presenza del notaio> e quando la definizione dell’atto pubblico data dall’art. 1315 non include il concetto limitato della legge notarile …… sembra più conforme alla legge il riconoscere carattere e valore di atto pubblico a tale specie di rogiti>>.
22 Vedi Relazione al Codice civile, n. 1105: “Il secondo capo del titolo in esame disciplina la prova documentale.
La nozione che dell’atto pubblico dà l’art. 2699 non diverge sostanzialmente da quella che ne dava l’art. 1315 del codice anteriore, pur correggendo alcuni evidenti vizi di formulazione e sostituendo la più esatta nozione di “documento redatto” a quella equivoca e comunque ristretta, di “atto ricevuto”.
Un notevole ritocco, nel determinare l’efficacia dell’atto pubblico, apporta l’art. 2700 al primo comma dell’art. 1317 del codice precedente, il quale stabiliva far l’atto pubblico “piena fede della convenzione”, mentre è ovvio che l’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, non propriamente della convenzione, ma delle dichiarazioni delle parti: lo speciale grado di efficacia probatoria non si estende alla sincerità di tali dichiarazioni, le quali possono essere anche simulate.
L’art. 2700 menziona anche la prova della provenienza, di cui non era cenno nel codice del 1865, essendo per altro intuitivo, e pertanto sottinteso, in relazione alla nozione di documento, enunciata nell’art. 2699, che altri sono gli elementi da cui risalta la provenienza, altri quelli da cui risulta la prova delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti del quale l’articolo parla.”
23 Voce “Constatazione (verbale di)”, in Dizionario Enciclopedico del notariato, vol. I, Stamperia Nazionale, Roma, 1973, p. 673
24 Donà, voce Notariato e archivi notarili, in Nuovo Digesto It. 1939, vol. VIII, p. 1067, n. 57 “E se un notaio raccogliesse per caso, nel modo ipotizzato testè, su richiesta consensuale delle parti interessate, le risultanze di un dibattimento penale, così tanto malamente raccolte, per solito, dai cancellieri giudiziari? Non farebbe cosa processuale.”
Risposta a quesito del Ministero della Giustizia
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