9 Luglio 2024
La colonia penale del GSU-PCT: evasioni possibili
Questo non è un ticket. È un grido d’allarme lanciato nell’etere. È destinato a perdersi nel vuoto, certo. Non importa. Nasce dalla necessità vitale di allargare le sbarre doppie di una prigione digitale con l’illusione che fuori vi sia un mondo digitale professionalmente e umanamente più ospitale.
Sono uno dei tanti lavoratori forzati, condannati ad espiare non so quale pena nella colonia penale del GSU-WEB GSU-PCT, ambienti tecnologici progettati per tutelare gli interessi di creditori e per dare certezza legale alla conoscenza degli atti con l’intervento degli ufficiali giudiziari.
Ho la sensazione, da profano della programmazione informatica, che nell’epoca dell’Intelligenza Artificiale ciascuno, i tanti lavoratori forzati digitali degli unep siano stati armati di una clava preistorica per garantire a creditori malcapitati il recupero del mal tolto.
È facile accorgersi che l’apparato tecnologico del GSU PCT è meno di un’arma rudimentale al cospetto dei prodigi tecnologici che ci avvolgono nella vita quotidiana (si pensi agli smartphone e alle innumerevoli applicazioni semplici e immediate a cui nessuno sa rinunciare anche per la estrema facilità d’uso).
Con tanta benefica tecnologia diffusa in ogni ambito di vita è inevitabile che l’ufficiale giudiziario, alle prese quotidiane con l’armamentario GSU-PCT si percepisca come un condannato in una colonia penale da cui non vede l’ora di uscire.
Se tutto è un intricato labirinto in cui solo dopo tortuosi giri e con forze allo stremo, può vedere la luce la tutela del credito, è evidente che ci si trova in un ambiente digitale inadeguato rispetto al fine per il quale è stato ideato.
Qualcuno potrebbe rispondere banalmente: questa minestra riesce a passare il convento (ministero), altre pietanze più appetibili costano troppo e non possono essere servite.
Sarà pure vero ma non si può assicurare con tali mezzi una spendita ottimale di energie lavorative e tagliare traguardi rispettabili.
Basterebbe partire da un esame estetico degli applicativi GSU-PCT per capire, anche da inesperti, di trovarsi davanti ad un prodotto tecnologico brutto e confuso. Esplorando per necessità le diverse funzioni si ha la conferma che ci è stata affidata una cassetta degli attrezzi in cui fai difficoltà a capire quale è il martello, quale la pinza, quale il cacciavite e dove esattamente poterli trovare.
Vorrei limitarmi ad evidenziare le difficoltà e le criticità del sistema delle PEC, cioè di uno degli attrezzi indispensabili (l’equivalente di un martello) nell’attività quotidiana del lavoratore unep digitale che non sia forzato.
Quasi tutti usano la mail, in tanti hanno confidenza con la PEC.
Tra i due strumenti la PEC ha il pregio di conferire certezza legale alla conoscenza di quanto inviato e ricevuto.
Chiunque utilizza una PEC ha la certezza legale di mettere dentro questo contenitore documenti (firmati digitalmente e non), immagini, video ecc e di saperli consegnati, con un semplice click, a uno o più destinatari in maniera integra, inalterata, garantita.
In ogni caso chi usa una mail o una PEC in pochi semplici passaggi c’entra l’obiettivo senza dover incrociare le dita ogni volta.
Inviare una PEC con il sistema GSU-PCT richiede una pazienza e una abilità sconosciute a chi ha fatto esperienza della classica PEC.
È come se le regole comuni per preparare e inviare una PEC non fossero idonee a garantire sicurezza nell’universo dell’unep e che occorresse escogitare marchingegni con livelli di sicurezza superiore.
Ed ecco allora il gran balletto di maschere da aprire e chiudere, il posizionamento esclusivo in una precisa riga e poi la inderogabile denominazione di “atto” per un documento da inviare, il passaggio caotico dall’applicativo GSU-WEB a quello GSU-PCT.
Invia di qua, allega di là, senza dimenticare che se vuoi inviare di nuovo devi ricordarti tassativamente di denominare “generico” il documento appena inviato e di etichettare come “atto” il nuovo documento da inviare. E poi passa attraverso una maschera nera e dopo che hai digitato una “y” di yes, ti disponi in trepida attesa sperando che compaia la dicitura di “documento inviato”.
Insomma per ottenere le tipiche ricevute di accettazione e consegna di una pec bisogna sperare di imboccare l’uscita dal labirinto.
Hanno forse un valore legale diverso e superiore le ricevute di accettazione e consegna date alla luce dal GSU-PCT, dopo tanto travaglio?
Domanda semplice: non è possibile con pochi, evidenti, immediati click chiedere al sistema GSU-PCT di fare, tra le altre cose, il lavoro di una PEC classica?
Al di là di queste divagazioni, dalle quali emergono comunque le inutili e immani fatiche imposte dal quotidiano uso di GSU-PCT, che gli esperti pure dovrebbero aver cura di potare, e per tenermi su un piano molto pratico, chiedo se:
vi sono percorsi all’interno del sistema GSU-PCT che consentono di
inviare una PEC da PCT mettendovi facilmente dentro come allegati:
1. un atto firmato digitalmente (es. un pignoramento presso terzi ex art 492 bis cpc);
2. tante relate di notifica firmate digitalmente, distinte per destinatario (come prevede l’art 149 bis cpc).
Fare click e dopo qualche secondo avere conferma che il messaggio e tutti i documenti allegati alla pec siano stati debitamente consegnati al destinatario.
Al momento sembra che il sistema GSU-PCT consenta di inviare al destinatario della notifica di un pignoramento presso terzi ex 492 bis cpc soltanto un documento che sia allegato in una cartella del GSU-WEB con dicitura “atto” e che una relata di notifica distinta dall’atto principale
(pignoramento presso terzi) non possa essere inserita in alcun modo come altro allegato della PEC.
Se la relazione di notificazione non può essere allegata nella PEC come documento distinto dal principale ciò comporta una chiara violazione dell’art 149 bis cpc secondo il quale la relazione di notifica è documento informatico separato.
Stranamente il sistema GSU-PCT prevede invece che al momento della restituzione dell’atto principale all’avvocato richiedente si stampi (si generi) una relata distinta, firmata digitalmente. Questa relata generata solo quando l’atto principale viene restituito presuppone inoltre che l’ufficiale giudiziario che ha redatto digitalmente l’atto sia l’unico competente a restituire. Dovrebbe essere pratica pacifica quella della restituzione dell’atto a cura dell’assistente unep, il quale invece è impedito non potendo firmare la relata!
Altra notevole contraddizione del sistema: la relata digitale è documento informatico separato contenuta nella PEC di restituzione degli atti notificati all’avvocato procedente, non così per il destinatario della notifica dell’atto che riceve l’atto principale ma non la relata di notifica!
Se per la notificazione dell’atto e per la sua successiva restituzione all’avvocato richiedente si è costretti ad intraprendere ogni volta un’avventura dentro un labirinto estenuante sempre con il timore che non si riesca a indovinare l’uscita, quali presupposti vi sono perché l’ufficiale giudiziario riesca ad essere produttivo in un procedimento interamente digitalizzato?
Quali certezze ha sui tempi e sugli esiti di tale percorso?
Non giova all’Amministrazione, non giova agli utenti, non giova al personale dipendente un applicativo che sembra incarnare metaforicamente e realmente la proverbiale lentezza della giustizia civile. In questo caso specifico tutto si rallenta addirittura inopinatamente : non per il numero eccessivo di richieste di procedure digitali presentate agli unep dagli avvocati, ma soltanto perché chi deve garantire la rapida tutela del credito o la certezza legale alla conoscenza degli atti ha ricevuto in dote una cassetta degli attrezzi rudimentale e inadeguata allo scopo.
Per cogliere l’importanza di una casetta degli attrezzi in grado di consentire un lavoro ben fatto a chi la usa basta chiedersi: una banca di medie grandi dimensioni (più o meno della grandezza del ministero della giustizia, per numero di addetti) potrebbe mai stare sul mercato con un conto online, strutturato alla maniera del GSU PCT, o sarebbe inesorabilmente destinata a fallire nel breve volgere di alcuni click?
Il naufragare nel mare del GSU-PCT, di questo GSU-PCT pieno di insidie, non è il destino che meritano gli ufficiali giudiziari e i destinatari del loro servizio.
Qualcuno per favore se ne faccia carico.
Michele Ciuffreda
Ufficiale giudiziario del tribunale di Foggia

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