23 Marzo 2019
Brevi considerazioni ddl 755 Indagini patrimoniali preventive affidate ai legali delle parti
Brevi considerazioni sul disegno di legge N° 755, Art. 492 ter
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Questo nostro contributo nasce dall’esigenza di fare il punto sulle diverse riflessioni scaturite dall’audizione informale sul ddl 755, recante modifiche al procedimento monitorio ed esecutivo, svoltasi in II Commissione Giustizia al Senato, in data 14 marzo. In aula con l’AUGE c’erano rappresentanti della magistratura dell’avvocatura e del mondo accademico: ognuno ha apportato il proprio contributo evidenziando criticità, esprimendo valutazioni, proponendo modifiche. Il confronto è sempre positivo e sia il Presidente Ostellari che il Relatore Pillon hanno riconosciuto come nel corso degli interventi siano stati forniti spunti significativi sul tema e si sia instaurato un dibattito interessante.
Prenderemo qui in considerazione l’art. 2 della proposta di legge in commento e specificatamente la “ricerca preventiva con modalità telematiche dei beni da pignorare (ante causam)” anche alla luce di quanto emerso dai contributi forniti dagli altri soggetti auditi. Se venisse approvato, infatti, saremmo di fronte, quanto meno, ad un “affievolimento” del diritto di ogni cittadino alla protezione dei dati personali e ciò in controtendenza con il recepimento, nell’ordinamento interno, della normativa comunitaria (GDPR o Regolamento generale sulla protezione dei dati personali N° 2016/679) che ha introdotto sanzioni più severe in caso di violazione.
Il grido di allarme dell’ANM
In primo luogo, ci appare pienamente condivisibile la posizione della magistrata dell’A.N.M. dott.sa Ferramosca laddove ha giustamente evidenziato che lo strumento previsto all’art. 492 bis cpc, seppure di grande efficienza e di grande potenzialità, non è ancora applicato a pieno regime. La disciplina transitoria in applicazione sino ad oggi è chiaramente riduttiva rispetto alla portata riformatrice con cui il legislatore del 2014 aveva concepito la novella.
Consideriamo, invece, non altrettanto puntuale l’analisi dei motivi del ritardo che sembrerebbero secondo l’ANM imputabili interamente all’arretratezza degli Unep “ancora non informaticamente e telematicamente organizzati” per poter svolgere tali tipi di ricerche. A tal proposito, non è superfluo ricordare, soprattutto a chi gli Unep non li frequenta, che nella gran parte degli uffici è da anni in uso un sistema informatico di gestione dei registri cronologici per il carico e scarico degli atti e ciò a dimostrazione che non è certo la strumentazione hardware che manca agli Unep; ciò che difetta semmai è la messa a disposizione degli accessi, la mancata stipulazione di convenzioni con i gestori delle banche dati da parte del Ministero che consentirebbero la “fruibilità informatica dei dati” come previsti art. 155 quater disp. att. cpc.
Nell’auspicarci quindi un confronto e una collaborazione costanti con la magistratura, non possiamo che associarci alla richiesta dell’ANM perché si assumano tutte le iniziative necessarie a consentire l’applicazione del 492 bis cpc che attuerebbe la vera rivoluzione in materia del recupero del credito realizzando quelle che erano le finalità originarie dei D.L. n. 134/2014 e n. 83/2015. I quasi cinque anni di attesa sono davvero un’enormità di fronte ad una competizione internazionale sempre più serrata e all’esigenza di restituire fiducia agli investitori italiani e
stranieri. È quanto, come Associazione, reclamiamo a gran voce di fronte al Ministero e a questo Governo del cambiamento.
492 ter – L’istanza di autorizzazione al presidente del tribunale
Sul punto della richiesta di autorizzazione all’autorità giudiziaria, il dott. Sergio Fusaro, ex presidente del Tribunale di Padova, evidenzia quella che sarebbe un’importante criticità dell’attribuzione al legale del creditore anziché all’ufficiale giudiziario della facoltà di ricerche con modalità telematiche dei beni del debitore. Nell’art. 492 bis il presidente del tribunale autorizza le ricerche dopo aver “verificato il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata”. Ciò comporta, infatti, l’esistenza di un titolo esecutivo idoneo a consentire al creditore l’esercizio delle azioni giudiziarie successive.
Chiaramente, nel caso di applicazione del 492 ter, il presidente del tribunale non compirebbe alcuna verifica essendo la norma proposta priva dei requisiti in base ai quali si possa concedere o negare l’autorizzazione. Si richiederebbe all’autorità giudiziaria di autorizzare qualunque difensore ad accedere alle banche dati riguardanti il debitore su mere affermazioni prive di “alcun supporto documentale idoneo a comprovare l’interesse ad agire”.
In buona sostanza, nella proposizione contenuta nel ddl 755, la presentazione dell’istanza da parte del legale del creditore, “… prima dell’avvio di ogni azione giudiziaria volta al recupero del credito”, oltre che privare di sussistenza la necessità di autorizzazione del presidente del tribunale espone ogni cittadino e potenziale debitore ad un intrusione illegittima da parte di chiunque in dati personali garantiti dalla riservatezza.
492 ter- Carattere unilaterale del processo verbale redatto dall’avvocato
Un altro punto sollevato in Commissione da Angelo Danilo De Santis, Professore associato di diritto processuale civile, Università Roma Tre è che l’accesso diretto del creditore per il tramite del suo legale appare strumento afferente alla sola conoscenza dello stato patrimoniale dell’asserito debitore. Il processo verbale che il legale deve redigere al termine dell’indagine di cui al 492 ter, 2°comma, si configurerebbe come atto unilaterale di cui s’ignora la sorte e l’efficacia. Ricordiamo come il processo verbale previsto dal 492 bis , redatto dall’ufficiale giudiziario e con valore di atto pubblico sia, nella previsione, poi iscritto nel registro cronologico denominato “Modello ricerca dei beni” ai sensi dell’art. 155 quater disp. att. cpc, 3° comma.
Quanto alla presunta innovazione proposta dal ddl in commento di esperire ricerche patrimoniali in via telematica preventivamente e in mancanza di un titolo esecutivo, il Prof. De Santis fa rilevare che la fattispecie è in realtà già prevista all’art. 155 sexies disp. att. cpc in merito all’esecuzione del sequestro conservativo e per la ricostruzione dell’attivo e del passivo nell’ambito delle procedure concorsuali nonché nei procedimenti in materia di famiglia e gestione dei patrimoni altrui.
L’ipotesi di accesso diretto da parte del creditore alle banche dati è peraltro consentita dalle norme codicistiche (art. 155 quinquies disp. att. cpc), previa autorizzazione giudiziaria, quando le
strutture dell’ufficio non sono funzionanti. In questo caso, evidentemente, non può che trattarsi per il creditore di un accesso “mediato” tramite richiesta ai gestori delle banche dati, tenuti alle dovute cautele di legge.
Criticità segnalate dall’AUGE
L’Auge intervenuta in aula per ultima ha rappresentato il pericolo di esporre il carattere di riservatezza di dati personali, quali quelli relativi al patrimonio di un asserito debitore alla mercé di un esercito di avvocati che è noto essere il più numeroso fra tutti i paese europei.
La nostra Associazione denuncia che, per di più, in assenza dell’attuazione della normativa si sono moltiplicati fenomeni di intrusione illegale nelle banche di dati personali da parte di agenzie private di investigazione in sprezzo di ogni regola e cautela previste dal Codice della Privacy. Basti guardare qualsiasi sito di agenzia investigativa e/o di recupero crediti ove le ricerche di conti correnti in Italia e all’estero così come il rintraccio di beni pignorabili figurano tra i servizi offerti e pubblicizzati per qualche centinaio di euro.
Quanto all’esternalizzazione di funzioni pubbliche a soggetti privati, assistiamo da tempo alla devoluzione di competenze a soggetti esterni in danno delle professionalità presenti all’interno dell’amministrazione della giustizia ed in particolare degli ufficiali giudiziari. Ricordiamo la Convenzione con Poste Spa che ha reso sempre più incerto l’esito delle notifiche con l’effetto di dilatare i tempi dei processi e la riforma dell’art. 560 cpc del Governo Renzi su cui l’attuale legislatore è dovuto intervenire. Non si comprende allora il motivo che indurrebbe questo Parlamento ad attribuire la facoltà di accesso alle banche dati a legali di parte stante la mancata attuazione del 492 bis e posto che il Ministero non riesce a trovare il modo di far partire il servizio delle ricerche telematiche attraverso l’ufficiale giudiziario, figura prevista dal legislatore del 2014 in quanto affidabile e terza, sottoposta ai regimi sanzionatori civili e penali nonché al controllo del Ministero stesso.
Infine, il suggerimento di modifica dell’art. 492 bis cpc proposto dall’Auge, nel senso di esonerare il creditore dal presentare istanza di autorizzazione rivolta al presidente del tribunale ci appare ragionevole per diversi motivi.
L’istanza non può essere proposta prima che sia decorso il termine di cui all’art. 482 cpc rendendo la notifica del precetto condizione per l’accesso alle ricerche e giustificando il fatto che l’istanza di autorizzazione altro non sia che un istanza al pignoramento. Si tratta, evidentemente, di un procedimento di autorizzazione condotto in assenza di contraddittorio con il debitore e si fa fatica a comprendere l’ulteriore passaggio dal momento che l’ufficiale giudiziario procede, in ogni caso, alla verifica della validità dei titoli e della ritualità delle notifiche per ogni istanza di pignoramento presentata dal creditore.
Un intervento del legislatore in tal senso eviterebbe l’ulteriore aggravio degli uffici giudiziari per un nuovo istituto (in quanto non ancora attuato) quale quello di valutare la fondatezza delle istanze di autorizzazione a procedere alla ricerca di beni in via telematica da parte dell’ufficiale giudiziario. La preoccupazione di non poter garantire l’evasione immediata delle autorizzazioni giudiziarie su istanza dei legali di parte è stata, del resto, manifestata anche dalla rappresentante dell’ANM nel corso del suo intervento in Commissione.
In definitiva , molteplici sono le problematiche che comporterebbe l’anticipazione delle indagini sul patrimonio del debitore in via telematica, al fine di valutare la sua solvibilità, eseguite direttamente dal
difensore. Il rischio, come è stato evidenziato in Commissione, è di ottenere degli effetti contrari rispetto ai vantaggi immaginati dai proponenti del ddl: riduzione dei costi, accelerazione dei tempi, snellimento dell’arretrato pendente presso gli uffici giudiziari (vd. Relazione tecnica al ddl).
Da più parti è stata sottolineata l’incongruenza di introdurre un istituto nuovo quale il 492 ter, quando non sono stati risolti gli aspetti tecnici legati all’attuazione della norma originaria, cioè del 492 bis.
La proposta di legge, come si è visto, è carente in ordine ai presupposti dell’autorizzazione presidenziale e al verbale di ricerca dei beni redatto dall’avvocato del creditore nonché pone dei problemi di intrusione del creditore, attraverso il suo legale, nelle banche dati riservate di qualunque affermato debitore .
Vi è poi il rischio di inflazionare ancor più gli uffici giudiziari con istanze che ritarderebbero l’iter del recupero del credito.
È opportuno quindi che il Governo e il Ministro della Giustizia adottino misure urgenti volte a realizzare la piena attuazione del 492 bis cpc e riforme sistemiche del codice di procedura civile, in relazione al recupero del credito, tenendo conto anche delle buone prassi e dell’esperienza maturata sul campo da professionisti che operano quotidianamente a contatto dei creditori e dei debitori e che potrebbero rendere più efficace e celere la realizzazione del credito. In tale direzione vanno i suggerimenti e le proposte presentate dall’AUGE e depositate in Commissione giustizia.
Adele Carrera – Direttivo AUGE
Gianluca D’Aloia – AUGE Roma
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